Credo che, specialmente nei rapporti amorosi, ci sia confusione fra il voler bene a una persona e l’esserne attratti. Quando comunichiamo, confondiamo le due cose. Diciamo “Ti voglio bene / ti amo” intendendo a volte invece “Sono attratto da te, mi piaci”. Chiaramente “Ti amo” fa un effetto molto più bello all’altro, che – possiamo darlo quasi per scontato – desidera essere amato, anche se fa il duro e può arrivare a negarlo anche a se stesso.
Anche dentro di noi facciamo confusione, se non riflettiamo molto attentamente e spassionatamente (cosa che nelle vicende amorose possiamo cercare di fare, ma senza garanzie di successo).
Amare ed essere attratti sono due cose molto diverse e in parte indipendenti. Le due “disposizioni” possono a volte essere entrambe presenti nei confronti di una stessa persona. Ma spesso una delle due prevale. A volte è presente una sola. A volte mancano entrambe.
Essere attratti da una persona significa subire una spinta ad avere a che fare con lei, a cercarla, a fare cose insieme a lei. L’attrazione è una sorta di “legame” che tiene uniti, anche quando, magari, ci si fa del male a vicenda. Possiamo essere attratti da una persona per via della sua bellezza, simpatia, intelligenza, gentilezza o generosità, per come ci sentiamo quando stiamo con lei, perché ci ricorda altre persone positive, perché è per qualche verso come vorremmo essere noi, perché ci infonde allegria o ottimismo, o per mille altre ragioni più o meno coscienti e più o meno confessabili. Il desiderio erotico è la forma di attrazione più chiara e lineare.
Voler bene a una persona significa invece essere disposti a pagare un prezzo per il suo bene. L’amore si misura nel momento in cui c’è da mandare giù qualcosa per rispetto dell’altro, in considerazione del SUO interesse, il quale – nella misura in cui l’altro è un adulto capace e responsabile – è definito dall’altro secondo i SUOI valori. Il contrario del voler bene è essere egoisti. Non è voler bene non tenere conto dei desideri e dei bisogni dell’altro, pur conoscendoli. Non è voler bene negare all’altro quello che si pretende per sé, come non lo è insistere per essere accontentati senza accontentare a propria volta, o mantenere costantemente una posizione rigidamente dominante. Chi vuole bene si prende cura dell’altro, cercando di facilitarlo nel perseguimento dei SUOI obiettivi, cercando di proteggerlo e difenderlo, preoccupandosi che si senta bene e che sia felice, e facendo quanto è in proprio potere perché lo sia. In questo senso, non è voler bene pretendere di fare il bene dell’altro quando l’altro urla e protesta contro tale azione “altruistica”. Amarsi vicendevolmente è in parte mettere l’altro prima di sé; se lo si fa entrambi, infatti, le cure dell’altro sopperiranno in buona parte a quelle che ciascuno fa mancare a se stesso. Non è voler bene, né amore, il sentimento di chi “scappa” dal rapporto davanti alle prime difficoltà, il sentimento di chi non è disposto a mettere da parte il proprio interesse, il proprio Io, per soccorrere o perfino favorire l’altro quando ne ha bisogno. Questo è egoismo. Non è amore, per esempio, il sentimento di chi si esalta con discorsi o pratiche spirituali e poi, una volta uscito dalla cerchia selezionata di persone che condividono lo stesso interesse e tornando ai consueti rapporti interpersonali, si offende per niente, non perdona le offese, traccia confini netti e invalicabili fra sé e gli altri, non dona, non ascolta, sgomita.
I rapporti fra essere attratti e voler bene sono complessi, e dipendono non solo dalla sostanza effettiva di questa attrazione e questo amore, ma anche anche dalle singole persone e dei singoli incontri.
Nell’amore che idealizzato si vorrebbe che attrazione e amore fossero compresenti e andassero a braccetto. Ma l’esperienza reale è diversa. Si possono avere sentimenti ostili, anziché amorevoli, verso persone che attraggono. È possibile non provare attrazione verso persone a cui si vuole bene: si augura loro ogni bene e si è disposti a rinunciare a qualcosa di relativamente prezioso – per esempio, tempo ed energie – per il loro bene, ma stare con loro non è necessariamente un desiderio o un piacere per noi.
Purtroppo, uno dei paradossi della vita amorosa è che un eccesso di fratellanza e di tenerezza spegne il desiderio erotico. Un’altra spiacevole realtà è che possiamo essere fortemente attratti – o in questo caso sarebbe meglio dire “misteriosamente legati” – a persone che non provano amore per noi, o che se anche lo provano sono incapaci di manifestarlo in un modo degno di essere chiamato “voler bene o amare” in quanto a noi questo modo riesce assolutamente sgradito, e alle quali noi, proprio per questa ragione, non possiamo voler bene – se conserviamo un po’ di sano amor proprio.
Spesso le persone che dicono di amare sono solo attratte. Desiderano disporre dell’altro per sé. Aspirano, senza saperlo, al possesso e al controllo. “Tu mi piaci. Entra nella gabbia che ho costruito per te”. Guardiamoci da costoro, cercando di non commettere lo stesso errore.