Un preadolescente davanti a un sito porno


Anno 1973. Anna, una bambina di dieci anni, è ospite dallo zio. In soggiorno c’è una bella pila di riviste: un tesoro per lei, che è sempre alla ricerca di fotografie dei suoi cantanti preferiti. Così comincia a rovistare finché non si ritrova in mano una rivista per adulti. Spaventata e incuriosita incomincia a sfogliare furtivamente, stando attenta che non arrivi qualcuno. 

Anno 2021. Matteo invece ha undici anni e si sta connettendo a Internet per visitare il sito della sua squadra di calcio preferita. Nel momento in cui avvia il browser, si apre automaticamente la home page di un sito porno. I suoi genitori non hanno pensato di attivare un sistema di protezione. Anche lui è combattuto fra la curiosità e la paura ma prova a dare un sbirciatina. Vede dettagli di corpi umani alle prese con attività di cui aveva già sentito parlare ma che non immaginava così. Poi, sentendosi troppo turbato, spegne il computer e va a farsi una bella pedalata.

Nei giorni successivi alla mente dei due bambini si accavallano più o meno le stesse domande: “Cosa stavano facendo quelle persone? Perché avevano quelle espressioni in faccia? Sembravano sofferenti, spaventate, arrabbiate. Altre parevano quasi imbambolate… Ma perché facevano quelle cose? Qualcuno le ha costrette?” 

“Sembravano cose strane, schifose e forse anche violente e pericolose a giudicare dalle facce. Perché non ho mai visto nessuno che fa queste cose? Ma gli altri lo sanno che ci sono queste cose?” 
Tutti e due intuiscono che si tratta di sesso e sanno che gli adulti – e anche certi ragazzi più grandi, di cui hanno sentito parlare – fanno di quelle cose. Ma c’è qualcuno che le fa veramente così? Chi? Sono in pochi o in molti? E mamma e papà?

Cercano di non pensarci ma la mente lavora per conto suo e, spinta dal desiderio di conoscere e di capire, ripropone le stesse immagini e le stesse sensazioni confuse. “Ma cosa ho provato provo io esattamente guardando quelle cose? Mi piace quello che ho provato? Mi veniva da fare qualcosa, ma cosa?”

Per capire meglio bisognerebbe dare un’altra occhiatina. “Ma cosa mi succede se guardo ancora quelle immagini? Di sicuro mamma e papà non vorrebbero. Però sono lì, sotto lo sguardo di chiunque voglia vedere. Ma perché mi viene voglia di rivederle se mi fanno arrossire e battere forte il cuore? Forse se le riguardassi non ci sarebbe niente di male. Quante persone le guardano? E loro perché le guardano? Cosa provano quando le guardano? Anche loro si sentono in colpa per il fatto di guardarle?”

Poi pensano a se stessi, a quello che hanno provato e al loro futuro: “E io farò mai cose del genere? Lo posso fare? A che età? E se lo faccio cosa mi succederà? E se dico a qualcuno che ho fatto esperienze simili? Come reagirebbero i miei genitori, i miei amici, i miei insegnanti?”

“Se qualcuno mi proponesse di fare qualcosa del genere, magari una persona a cui voglio bene, lo vorrei fare o no? E se qualcuno mi costringesse, come potrei rifiutarmi?

Un adulto dovrebbe immaginare quali domande si possa fare un ragazzo vedendo immagini pornografiche, data la diffusione di siti pornografici. Dalle domande che il ragazzo si farà e dalle risposte che troverà dipenderanno in parte le conseguenze psicologiche e le azioni successive a questa esperienza. 

A volte un figlio non si farà coscientemente proprio queste domande ma ricaverà automaticamente alcune conclusioni, capirà delle cose. Qualcuno si confronterà con i coetanei o con altre fonti di informazioni (libri, siti Internet, programmi televisivi sulla sessualità ecc.) per trovare risposte. Non sarebbe bene che nei suoi tentativi di capire un giovane fosse guidato da un adulto informato, sereno e disposto a una conversazione sensibile e franca con lui?
Che tu approvi o meno la pornografia, questo materiale è molto diffuso e ci sono buone probabilità che anche tuo figlio ne veda. È possibile che senza le tue spiegazioni il ragazzo se la cavi benissimo. Ma è anche possibile che si convinca di cose che ti dispiacerebbero e che potrebbero essere dannose per la sua felicità.
Per qualche genitore parlare di pornografia potrà essere imbarazzante. Che dire in una conversazione di quel genere? Io sono per la sincerità. Dire quello che si sa e, quando non si sa, o ci si documenta o si ammette la propria ignoranza. Se tuo figlio ha visto materiale pornografico e tu no, fra l’altro, non potrai essere una guida efficace. Mia madre, per esempio, è convinta che i porno-attori simulino soltanto; evidentemente non ha mai visto di cosa si tratta.

Probabilmente sarà bene affrontare il tema del mercato del sesso, in modo che i ragazzi capiscano la differenza fra spettacolo e realtà (una differenza eclatante anche nella rappresentazione mediatica dell’amore). Questo porterà ad ammettere che c’è gente disposta a tutto per i soldi. 

Inoltre sarà opportuno spiegare che, mediamente, alcune di quelle immagini a un adulto farebbero un effetto diverso che a un bambino: l’adulto medio ha un’idea abbastanza distinta di cosa sia l’eccitamento sessuale, di quali siano i suoi gusti in questo campo e quali i costumi sessuali più diffusi.

Forse sarà anche il momento buono per avvertire i figli del problema della pedofilia, se non lo si è già fatto, spiegando come certi adulti adeschino i bambini, li costringano a fare cose che a loro non piacciono e gli impongano il silenzio sotto la minaccia di punizioni. “E poi tanto se lo dicessi ai tuoi genitori non ti crederebbero”.