Che cos'è la meditazione di consapevolezza di cui sentiamo spesso parlare sotto il nome di mindfulness? Ed è necessario praticare la meditazione formale per ottenerne i benefici? Forse il nuoto è una vita più diretta per raggiungere la pace mentale...
Noi non soffriamo tanto a causa dei fatti in sé, per le circostanze oggettive della nostra vita, quanto piuttosto a causa della nostra interpretazione di questi fatti e dei pensieri che facciamo su di essi.
Si può dire che in larga misura la preoccupazione e l’ansia, la tristezza e l’avvilimento, il fastidio e la rabbia siano una conseguenza delle nostre ruminazioni intorno a piccoli episodi. Non solo questo concetto è stato espresso da filosofi per secoli, e da quando esiste la psicologia viene riproposto continuamente con formule e sfumature diverse, ma fa parte del buon senso e della saggezza popolare e viene espresso con frasi come “Tu pensi troppo!”, “Se non facessi tante elucubrazioni, saresti più contenta!” o “Non stare a ragionarci tanto!”.
Spesso ci affanniamo a riflettere e rimuginare sui problemi per cercare il punto da cui aggredirli, ma in questo modo ci procuriamo uno stato di stress cronico. Il buon senso avverte: “Facci sopra una bella dormita e vedrai che domani le cose ti sembreranno diverse”, “Il tempo sistema tutto”, “Quando hai troppe cose da fare, è il momento di non fare nulla”.
L’esperienza ci insegna che tanti problemi sembrano insolubili ma non lo sono e a volte si sistemano, o meglio svaniscono, senza il nostro intervento. Con il tempo, li vediamo diversamente e ci appaiono meno minacciosi oppure si trasformano senza che noi facciamo nulla deliberatamente. Forse è anche questo il senso del suggerimento tanto di moda in questi anni nell’ambito della mindfulness: lascia correre, lascia che sia, allenta la presa, lascia che le cose seguano la loro evoluzione. Tu intanto osserva le cose lucidamente. E osserva i tuoi pensieri e i tuoi impulsi intorno alle cose – senza fare nulla.
Seguendo questi consigli ci si distacca dai propri pensieri. Ci si allena a non considerarli del tutto propri. O meglio, sì, i nostri pensieri sono nostri, ma si capisce che non rispecchiano le cose così come sono. L’impressione che ci facciamo delle cose è mutevole e dipende in gran parte da aspetti legati ai nostri capricciosi desideri, alle nostre variabili emozioni, alle considerazioni che prevalgono provvisoriamente nella nostra mente in un certo momento della vita, anch’esse legate in parte a condizioni più oggettive che variano nel tempo (le persone che abbiamo intorno, le attività che svolgiamo, la nostra età eccetera).
Il senso della gran parte delle pratiche di mindfulness è che abituano a non identificarsi con i propri pensieri, con le interpretazioni della realtà e con le proprie considerazioni intorno ad essa. Questo vuol dire non prendere i pensieri troppo sul serio, dal momento che non rispecchiano una realtà stabile e per giunta sono la fonte della gran parte delle nostre sofferenze.
A questo scopo, nella formazione alla consapevolezza si aumentano i momenti quotidiani di osservazione lucida. L’osservazione si rivolge all’esterno (per esempio alle attività in cui si è impegnati al momento) oppure alle proprie sensazioni fisiche (come negli esercizi formali di meditazione) oppure ai contenuti della mente, nel loro divenire. Si cerca di mantenere l’attenzione sul qui e ora. E la concentrazione sul qui e ora è associata a un benessere e a un’efficienza maggiori.
Nella formazione alla consapevolezza si fanno inoltre alcuni esercizi in cui l’attenzione viene orientata volontariamente su certi contenuti (per esempio, sul respiro, sui propri passi o sul cibo che si mangia) allo scopo di abituarsi a concentrarsi su qualcosa, per non dedicare attenzione ai propri pensieri.
Per quanto mi riguarda, ho conosciuto la pratica della mindfulness traducendo vari libri sull’argomento. Già da molti anni ero vicino a certe forme di buddismo. Posso dire che nei momenti più difficili della mia vita mi è stato veramente utile, oltre ad avere dei veri amici, poter interrompere il flusso di pensieri angosciosi ancorandomi al qui e ora, e in modo particolare al respiro nella pratica della meditazione formale.
Esercitandomi con la meditazione di consapevolezza focalizzata sul respiro, la mia inspirazione ed espirazione sono diventate per me qualcosa di concreto a cui posso prestare facilmente attenzione in qualunque momento, una realtà sensoriale affettivamente neutra alla quale posso ancorarmi anche nel mezzo di una tempesta emotiva per staccarmi dai pensieri angoscianti.
Ma riflettendo sulla consapevolezza e sul succo degli insegnamenti che passano sotto il nome di mindfulness, mi sono reso conto che ci sono alcuni passatempi che si prestano in modo eccellente allo scopo principale della mindfulness, ovvero staccare dai pensieri, mettere una distanza fra sé e loro, interromperli, non identificarsi con essi. Uno di questi è il nuoto, uno sport che amo particolarmente da una quindicina di anni. Quando si nuota, anche facendo gli esercizi di consapevolezza che illustrerò in questo libro, si percepisce ugualmente il filo dei propri pensieri. Ma è relativamente facile non dedicare ad essi una particolare attenzione. Più facile che stando seduti o sdraiati per praticare nei modi classici la meditazione di consapevolezza. Nel nuoto i richiami al qui e ora sono potenti, più potenti che nella meditazione seduta o camminata.
Penso che valga la pena illustrare le potenzialità del nuoto in quanto meditazione di consapevolezza dato che è uno sport alla portata di tutti, che ha probabilmente meno controindicazioni di qualunque altro e che notoriamente dà molti benefici palpabili. Ho scoperto con meraviglia che i nuotatori vanno a nuotare più o meno per gli stessi motivi. Fatta eccezione per gli agonisti, molte altre persone che si allenano con una certa regolarità apprezzano il fatto che sia un’attività quasi ipnotica. Obbliga a un respiro regolare, con un movimento ritmico in condizioni di “gravità ridotta” (questa ovviamente è solo una sensazione). È un’attività aerobica che stimola i muscoli dell’intero corpo e che dà piacere e rilassamento, infonde serenità e pace, fa sentire più belli, in forma e sicuri di sé. Il 99% delle volte che sono stato in piscina ad allenarmi alla mia maniera (cosa che ho fatto centinaia di volte) sono uscito con un umore molto migliore di quando sono entrato. E lo stesso succede anche ai nuotatori che conosco! Alla fine di una lunga nuotata, molti acciacchi e malesseri fisici e psicologici passano e paradossalmente le energie aumentano!
Un altro pregio del nuoto, è che lo si può fare in qualunque condizione emotiva. Anche quando si è a pezzi. È uno sport piuttosto solitario e molto spesso chi va in piscina è abbastanza chiuso in sé, poco propenso a parlare con gli altri e perfino a guardarli. Quindi, anche se abbiamo una brutta cera, verosimilmente nessuno si accorgerà del nostro umore o della nostra faccia.
La meditazione di consapevolezza, molto divulgata e praticata di questi tempi specialmente con il nome di mindfulness, è un metodo per alleviare lo stress che si basa sulla concentrazione. Concentrarsi è una facoltà che abbiamo tutti, anche se la diffusione degli smartphone, dei computer, di Internet e l’organizzazione del lavoro nella nostra società con il cosiddetto multitasking – insieme ad altri fattori – ci stanno distraendo e disabituando a dirigere la nostra attenzione su un oggetto o un compito e mantenerla lì, e solo lì, per periodi di tempo prolungati senza interruzioni.
La pratica della meditazione di consapevolezza dona calma, lucidità e pienezza dell’esperienza ancorando la nostra coscienza a un oggetto, ed entro certi limiti può “rieducarci” alla concentrazione, se la pratichiamo con costanza.
Esistono tanti modi per praticare la meditazione di consapevolezza, ma ce n’è uno, il nuoto, che stranamente ha ricevuto poca attenzione finora, nonostante la sua potenza, specialmente per chi si accosta alla meditazione per la prima volta. Il nuoto facilita la concentrazione perché la presuppone e la richiede, specialmente a chi non pratica questo sport a livello agonistico o con grande costanza. Infatti, per avanzare nell’acqua spinti dai movimenti delle braccia e dalle gambe mentre si respira è richiesta una difficile coordinazione. Occorre quindi concentrarsi bene sul movimento, ma prima ancora sul respiro.
Questa necessaria concentrazione e consapevolezza del proprio respiro, dei propri movimenti e del proprio corpo in relazione all’acqua inoltre è favorita da uno speciale stato di semi-isolamento in cui si trova il nuotatore quando è sospeso sul pelo dell’acqua. Così il nuoto è un’occasione speciale per l’apprendimento e la pratica della meditazione di consapevolezza e consente di raccogliere i benefici dello sport aerobico uniti a quelli della meditazione.
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