Si può dare una mano a chi è stanco di vivere?


Il sospetto o la consapevolezza che un conoscente, un amico o un parente stia pensando di togliersi la vita scatena in noi un coacervo di sentimenti forti. 

La macabra sorpresa di scoprire che abbiamo vicino una persona che soffre quanto o più di noi. 

La paura e l'orrore della morte di una persona che conosciamo o che amiamo. 

Il dispiacere e la commiserazione per il suo dolore, che vorremmo lenire. 

Il senso di colpa: ci si chiede quale potrebbe essere il proprio contributo alla sofferenza che questa persona ora sente di non potere più tollerare. 

Il senso di impotenza derivante dal desiderio di impedire in qualunque modo che il suicidio avvenga e dal non sapere cosa fare. 

Il biasimo per la contemplazione di una scelta irreversibile che farà soffrire e interrogare a lungo le persone affezionate e che richiama la nostra attenzione su quanto sia difficile vivere ognuno la propria vita e sostenersi l'un l'altro per alleggerirsi. 

Fare qualcosa per prevenire il suicido non significa riuscire a evitare che una persona si tolga effettivamente la vita; sebbene questo sia in definitiva il risultato che vorremmo ottenere, non è possibile controllare costantemente un altra persona e tanto meno limitare la sua libertà al punto tale da impedirle materialmente di attuare una decisione già presa e fortemente desiderata. 


Significa invece avere sempre, per quanto è nelle nostre possibilità, un braccio teso verso questa persona, un orecchio aperto, una parte dei nostri pensieri e delle nostre preoccupazioni dedicata lei a lei. In altre parole prestare a lei una parte del nostro cuore, del nostro cervello e dei nostro occhi; essere disposti a entrare in risonanza con il suo modo di sentire, a vedere il mondo con il suo sguardo, a pensare insieme a lei e per lei. 


Tutto questo non per immedesimarsi totalmente fino a perdersi, non per identificarsi e sprofondare insieme e senza rinunciare completamente a sé nell’abnegazione per l’altro e senza ambizioni da salvatori o da martiri, ma più semplicemente – e in modo più sano e utile – per essere veramente amici, persone presenti nel momento delle difficoltà, come dice il proverbio.


Lo si fa senza sapere di farlo e senza volerlo fare. La volontà, la tecnica e la strategia possono essere persino di intralcio. Quello che serve è un'autentica disposizione ad ascoltare per capire, senza dare giudizi e proporre facili soluzioni. Non è necessario fare qualcosa di speciale. Ognuno di noi ha un proprio ruolo nella rete di relazioni delle altre persone, ed è l'insieme di queste relazioni che aiuta a mantenere il buon umore, la stima di sé stessi, il desiderio di fare e di vivere. L'importante è essere disponibili a parlare, a conoscersi, ad accettarsi vicendevolmente.


Nella nostra vita e dentro di noi c'è una serie di ostacoli a questo atteggiamento di apertura al mondo visto con gli occhi dell'altro. Fuori da noi ci sono i nostri impegni quotidiani – il lavoro, le difficoltà economiche, l'isolamento… – e dentro di noi l'insicurezza personale e la diffidenza che ci impediscono di essere autentici e disponibili, la fatica di tenere testa alle nostre difficoltà. Quando siamo noi ad avere bisogno di aiuto e di confronto siamo meno disposti e capaci di darne. Quindi serve una certa dose di serenità per essere disponibili. 


Ma se non è l'impegno volontario, lo sforzo di un giorno o di una settimana dedicata a un amico in difficoltà, a poter prevenire il suicidio che cos'è?


Nei centri di ascolto e di crisi si ascolta con interesse e partecipazione la sofferenza della persona in crisi: per approfondire, leggi in questo blog i post taggati con “ascolto”.



I fattori di protezione per il suicidio


La ricerca sulla prevenzione del suicido ci dice che c'è una sere di condizioni che aiutano le persone a resistere alle difficoltà, i cosiddetti fattori di protezione.


I fattori di protezione nei ragazzi riguardano il benessere psicologico, l'integrazione sociale attraverso la partecipazione allo sport, ai gruppi religiosi, alle associazioni ecc., la connessione con la famiglia e gli amici, l'autostima, varie fonti di gratificazione di piacere. All'interno della famiglia, la qualità della comunicazione del rapporto, la capacità di sostenersi a vicenda. Sul piano personale, il possesso di buone abilità sociali; la fiducia in se stessi, nella propria situazione di vita e la soddisfazione per ciò che si è riusciti a fare; la capacità di cercare aiuto quando si presentano le difficoltà, per esempio nel lavoro scolastico; la capacità di cercare consiglio quando si devono compiere delle scelte importanti; l'apertura alle esperienze e alle soluzioni delle altre persone; l'apertura a nuove conoscenze. Inoltre, sono importanti l'integrazione sociale, per esempio il coinvolgimento nello sport, nelle associazioni, nei gruppi religiosi o in altre attività; la il fatto di avere buone relazioni con i compagni di classe, con gli insegnanti e con gli adulti; il sostegno da parte delle figure importanti.



I fattori di rischio per il suicidio


Non siamo in grado di prevedere chi si suiciderà. Tuttavia abbiamo delle informazioni sulle persone e le situazioni sociali in cui il suicidio è più comune e sul tipo di difficoltà che le persone suicide attraversano al momento in cui si tolgono la vita. Conoscere queste informazioni è importante perché ci permette di assumere un atteggiamento più realistico verso il "problema", cosa fondamentale per la ricerca delle "soluzioni". 


Il comportamento suicida ha molte cause sottostanti. È associato a una complessa serie di fattori che interagiscono fra loro e mettono una persona in una condizione di rischio. Fra cui:

  • Fattori psichiatrici come la depressione maggiore, la schizofrenia, l'abuso di alcol o altre sostanze, i disturbi d'ansia. Nei bambini, anche l'impulsività è disturbi con comportamento disturbante.
  • Fattori biologici o tratti genetici (storia familiare di suicido).
  • Eventi contingenti (perdita di una persona a cui si vuole bene, perdita del lavoro).
  • Fattori psicologici come la presenza di conflitti interpersonali, situazioni di violenza e o un storia di abuso fisico o sessuale nell'infanzia, e il senso di disperazione.
  • Fattori ambientali e sociali, fra cui la disponibilità di mezzi con cui togliersi la vita (armi da fuoco, gas tossici, medicine, erbicidi e pesticidi), isolamento sociale e difficoltà economiche.

Alcuni fattori di rischio variano con l'età, il sesso, l'orientamento sessuale e il gruppo etnico. I gruppi emarginati, come le minoranze, i rifugiati, i disoccupati, i detenuti – specialmente se in procinto di uscire di prigione – e le persone che hanno problemi di salute mentale sono particolarmente a rischio.



Convinzioni errate riguardo al suicidio


A proposito del suicidio esiste una serie di luoghi comuni che è bene sfatare. Ecco quelli individuati da The Samaritans, un servizio di volontariato attivo in Inghilterra (analogo al nostro Telefono Amico), svolto per telefono e via Internet e rivolto alle persone in crisi che vorrebbero togliersi la vita.


1. Le persone che parlano di suicidio sono quelle che hanno meno probabilità di compierlo.

Le persone che parlano della loro intenzione di suicidarsi in realtà spesso tentano di suicidarsi. La nostra esperienza dimostra che molte persone che si tolgono la vita hanno avvertito delle loro intenzioni nelle settimane precedenti alla morte.


2. Se una persona sta per uccidersi, non si può fare nulla per salvarla. 

Se potete offrire un aiuto e un sostegno psicologico appropriato alle persone che si sentono profondamente infelici e angosciate, allora potrete ridurre il rischio che si suicidino.


3. I suicidi sono pienamente decisi a morire.

Molti suicidi hanno un atteggiamento ambivalente rispetto al vivere o al morire. Molte persone che chiamano il servizio dei The Samaritans non vogliono morire ma dicono di non voler vivere nel modo in cui stanno vivendo.


4. Se una persona in passato ha già tentato di richiamare l'attenzione con un falso tentativo di suicido non lo farà veramente.

Le persone che hanno già tentato il suicidio una volta hanno una probabilità di farlo una seconda volta che è 100 volte superiore a quella delle altre. Circa 4 persone su 10, fra quelle che si tolgono la vita, hanno già tentato il suicidio in passato.


5. Parlare di suicidio ha l'effetto di incoraggiare al suicido.

Al contrario, il fatto di dare a una persona l'opportunità di esplorare i suoi pensieri e le sue paure peggiori può servire a gettarle un'ancora di salvezza che farà la differenza fra scegliere di vivere o di morire.


6. Solo le persone malate di mente o affette da depressione cercano veramente di togliersi la vita.

Anche se pare che la maggior parte delle persone che si suicidano abbiano una malattia psichiatrica di qualche genere – anche se magari non è stata diagnosticata o viene tenuta ben nascosta – nelle persone che si suicidano tende ad esserci più che altro un senso di disperazione o la sensazione di non avere prospettive future.


7. Un bel giro in pronto soccorso servirà a dare alle persone che fanno gesti stupidi una lezione che non si dimenticheranno.

Le persone a rischio di suicidio potrebbero scegliere un metodo meno doloroso e più efficace la prossima volta. La reazione di chi è vicino alla persona che ha tentato il suicidio può essere importante per la sua ripresa psicologica. Ogni tentativo di suicidio dovrebbe essere preso sempre seriamente.


8. Se una persona ha intenzioni suicide una volta, ne avrà sempre.

Le persone intenzionate a togliersi la vita possono volerlo fare solo per un periodo di tempo circoscritto. Per la nostra esperienza, il sostegno psicologico può aiutare a superare la crisi suicida. Parlare e ascoltare può fare la differenza fra scegliere di vivere e decidere di morire. 


9 Il suicidio può essere una liberazione non solo per chi si toglie la vita ma anche le persone che gli stanno intorno.

Gli effetti del suicidio non dovrebbero essere banalizzati in questo modo. La perdita di una persona amata è l'inizio di un incubo, non la fine. Lascia dietro di sé un profondo senso di privazione, dolore e colpa.



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