Fare il morto: dalla disperazione alla fede


Esaurire le risorse, nella vita, è un’esperienza che permette di trarre un insegnamento fondamentale. L’esperienza di impotenza davanti alla perdita, al lutto, alla separazione, alla vita che prende una piega difficile e dolorosa e che noi non riusciamo in nessun modo a raddrizzare, e poi il fatto di risollevarsi - di essere passivamente risollevati dalla vita stessa - con il tempo, molto più lentamente di quanto vorremmo, in modi impensati, inimmaginabili a priori, insegna il valore della fede. Per fede intendo il contrario della responsabilità personale, del “dipende da me, devo trovare soluzioni, devo pensare, devo agire”. È un’impotenza docile. Cercare di limitarsi a rispondere a quello che la vita chiede o impone di fare, senza lasciare spazio a preferenze, decisioni, scelte. 

Esaurire le risorse vuole dire scendere, scendere, continuare a scendere. Arrivare al senso di impotenza della disperazione. La speranza contiene l’immagine della salvezza, nel senso che "io spero che…” (“…questa malattia mi passi”, “…presto troverò la persona che amo” ecc.). La fede no, nella fede io confido che le cose abbiano una qualche evoluzione positiva che io non immagino, la quale può anche essere una mia trasformazione che mi consente di soffrire meno per una situazione immutata.


In questo senso l’impotenza e la perdita di ogni speranza possono risvegliare la fede religiosa. “Va bene, la smetto di lottare, non ho la forza, non ho la capacità di capire. Non intravvedo più nemmeno vie di uscita. Sono un servo, non un padrone della vita. Obbedisco a quello che la vita mi chiede senza sapere dove sto andando, senza capire perché ci sto andando”. 


L’insegnamento è che non c’è bisogno di governare le cose nella direzione che diciamo noi, con i tempi e i modi decisi da noi. 


Chi non sa nuotare ha paura di affondare nell’acqua dove non tocca. Dicono che una persona che non sa nuotare e cade nell’acqua alta sia difficile da salvare: si agita, si muove concitatamente e senza osservare i risultati di quello che fa, senza avere la disposizione per imparare. Pensa di non avere il tempo di imparare. Deve immediatamente fare la cosa giusta, ma disgraziatamente non sa quale sia. Allora prova a fare di tutto e va giù, e a volte porta con sé chi sta cercando di salvarla. La cosa più semplice, che le salverebbe la vita, sarebbe stare immobile, sdraiata sul dorso.  


Ecco, esaurire le risorse, arrivare alla disperazione può insegnarci che la vita ci tiene a galla, come l’acqua. Che non abbiamo veramente bisogno di ciò che ritenevamo indispensabile, che non abbiamo bisogno di immaginare la salvezza per salvarci. 


www.gabrieleloiacono.it