La polvere negli occhi

C’è un oggetto che detesto e che considero una sintesi e un simbolo di fenomeni sociali attuali che mi rendono poco sopportabili i nostri tempi. Parlo dello spargipolvere, altrimenti detto soffiatore (l’oggetto ritratto nella foto). Ne esistono a batteria o con motorie a scoppio.


Per secoli, se non per millenni, abbiamo raccolto, prelevato e spostato altrove con cura la sporcizia che si accumula in terra, un’operazione che poteva essere fatta con una scopa o, negli ultimi decenni, con un aspirapolvere; oggi invece tanta gente ci soffia dentro e la sparge nell’aria. Così la polvere e la sporcizia non si vedono più; per un minuto o due formano una nuvola e poi si disperdono nell’aria e ricadono poco più in là. Ce le ritroviamo negli occhi e nei polmoni.


Lo spargipolvere o soffiatore fa male (o non fa per niente), con molto chiasso e consumando energia - e perciò in modo costoso e poco sostenibile, anche per lo smaltimento delle batterie - ciò che fino a qualche tempo fa facevamo bene, con il suono delicato e ritmico di una scopa e senza alcun consumo di energia e alcun impatto ambientale. 


Questo stupido aspirapolvere al contrario permette di radunare oggetti di dimensioni relativamente grandi, come foglie e cartacce, che poi dovranno comunque essere raccolti per essere smaltiti, a meno di non spostarli più in là, fuori dal proprio spazio, nello spazio altrui o in uno spazio comune; ma ovviamente disperde nell’aria le particelle più piccole, rimandando il problema della pulizia a un futuro indefinito - chissenefrega, lo farà qualcun altro - perché la particelle si disperderanno di nuovo nell’aria e ricadranno in terra. A quale massaia verrebbe mai in mente, per pulire il pavimento di casa, di disperdere la polvere visibile soffiandoci dentro? 


Lo spargipolvere, oltre che inefficiente, è assai molesto. Fa più o meno il rumore di un decespugliatore. Per cui, per pulire un cortile o una strada si darà maleducatamente e incivilmente fastidio a tutte le persone presenti nel raggio di almeno 50 metri. 


Credo che tale oggetto e l’uso che se ne fa siano un po’ lo specchio dei nostri tempi per una serie di motivi a cui accenno brevemente.


  • Fretta. Questo oggetto serve a fare le cose in meno tempo, a discapito della qualità del risultato finale e di altre cose preziose come la qualità dell’ambiente, la quiete e la salute. Oggi tutto viene fatto velocemente e non di rado per aumentare il margine di guadagno di persone già ricche. 


  • Chiasso. Oggi viviamo in un mondo in cui è difficile concentrarsi per via del chiasso reale e metaforico, quello prodotto da un bombardamento di informazioni, in gran parte inutili e dannose, che ci sommergono, anche per via della fretta di cui sopra.


  • Automatizzazione. Da secoli, per il desiderio di fare le cose velocemente e senza fatica (“con un clic, comodamente da casa tua”), stiamo delegando a macchine costose e inquinanti sempre più compiti, svolti in precedenza con l’impegno del nostro corpo e della nostra mente. Uno dei risultati è che la nostra intelligenza e le nostre capacità si rattrappiscono e diventiamo sempre più incapaci e dipendenti. Tutta la fatica risparmiata per non spazzare in terra, salire le scale, affacciarci alla finestra per vedere chi suona al citofono, aprire il cancello o il basculante o gli avvolgibili o il finestrino dell’automobile, fare un caffè … l’andiamo a fare in palestra o sulla cyclette, il tapis roulant e via dicendo perché sennò ci vengono tutte le malattie e gli inestetismi da sedentarietà.


  • Onerosità. Una delle conseguenze della delega all’attrezzo apposito è che questo attrezzo lo dobbiamo pagare. Per l’acquisto, per la manutenzione, per i consumi. Per la sostituzione quando si rompe. Così un’operazione che era a costo zero (o quasi) diventa una spesa a tempo indefinito. 


  • Spostare i problemi anziché risolverli. Questo è uno degli aspetti che mi disturbano di più. Essere presi in giro. Essere ingannati. Essere vittima di strategie di comunicazione basate su false promesse, cancellazione del passato, distorsione della realtà. Giochi di parole, polvere negli occhi. Di questi tempi, specialmente con le vicine guerre in Ucraina e in Palestina (ma di certo non solo per queste!), il livello della mistificazione, della propaganda, del silenzio sulle cose essenziali e del chiasso, del gran parlare, su questioni del tutto inutili è diventato letteralmente deprimente, nocivo per la salute. Come la sporcizia viene spostata solo più in là dallo spargipolvere o soffiatore dandoci l’idea illusoria che le pulizie (per cui abbiamo pagato e di cui sopportiamo il chiasso!) siano state fatte, così ogni giorno vorremmo pace e sentiamo dire che la guerra è pace; vorremmo chiarezza e verità, e i media ci distraggono o ci propinano altre menzogne; vorremmo benessere, e ci indebitiamo sempre di più sentendoci raccontare che stiamo benissimo; vorremmo giustizia, e continuano l’impunità e i privilegi. I problemi vengono spostati anziché risolti, in vari modi e in vari sensi; il più plateale a mio avviso non è l’indebitamento pubblico, bensì il problema ecologico e climatico. 


Ci sono altri aspetti simbolici del soffiatore su cui non mi soffermo perché questo scritto sta diventando troppo lungo per la fretta del lettore; mi limito a nominare il fatto che sono tante le circostanze della nostra vita in cui paghiamo servizi che peggiorano i problemi anziché risolverli, che in tante circostanze importanti ci viene venduta la parvenza delle cose anziché la sostanza e che molta, troppa gente pensa che ciò che non si vede non ci sia.



Qui prodest? Arricchirsi privatamente e fare ricadere i costi sulla collettività 


Il soffiatore costa almeno 70 euro + costo dell’energia consumata + manutenzione e riparazioni. Una scopa costa pochi euro una tantum. Chi potrebbe avere interesse a comprare un oggetto così? Qualche manager, una persona che deve far lavorare in fretta i propri dipendenti affinché rendano di più, così, a parità di spesa per il loro stipendio, sarà possibile erogare più servizi in appalto, guadagnando in definitiva di più. Il trucco è vendere la parvenza di un servizio, anziché un servizio vero. Come vendere un orologio finto o un qualunque oggetto fatto con materiale scadente come quelli che compriamo nei bazar e che riportiamo indietro perché si sono rotti subito: pile scariche, accessori per telefoni che non funzionano e via dicendo; l’elenco sarebbe infinito.


L’amministratore di un condominio o di uno spazio pubblico si rivolge a un servizio di pulizie. Il gestore del servizio è in grado di fare una buona offerta perché lo spargipolvere velocizza il lavoro dei dipendenti, e così ottiene l’appalto. Il lavoro viene fatto. La sporcizia resta. L’amministratore vede che le foglie non ci sono più - ammesso che faccia controlli - perciò conclude che il lavoro è stato fatto. Ha interessa ad approfondire? No,  finché nessuno va a protestare da lui. Il gestore del servizio di pulizie può pagare di meno i suoi dipendenti per il servizio in appalto dato che il costo orario è inferiore. Il pubblico - i condòmini  o la collettività - pagano per ritrovarsi un lavoro fatto a metà, respirando polvere e subendo il chiasso.


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