Il termine coping è stato introdotto in psicologia nel 1966 da R. Lazarus con l’opera Psychological stress and the coping process. Nei testi di argomento scientifico il lingua italiana compare spesso non tradotto, oppure tradotto con le espressioni “fronteggiamento” o, più raramente, “gestione attiva”.
Il concetto di coping è strettamente connesso con quello di stress, infatti indica l’insieme delle strategie cognitive (o mentali) e comportamentali messe in atto da una persona per fronteggiare una situazione di stress. In altre parole, si riferisce sia a ciò che un individuo fa effettivamente per affrontare una situazione difficile, fastidiosa o dolorosa o a cui comunque non è preparato, sia al modo in cui si adatta emotivamente a tale situazione. Nel primo caso si parla di coping attivo, nel secondo di coping passivo.
In generale il coping attivo è più efficace, dal punto di vista dell’adattamento, quando la fonte dello stress può essere modificata o eliminata, mentre il coping passivo lo è quando la fonte di stress non è evitabile o il soggetto non ha alcuna influenza su di essa. In altre parole, il processo di coping può essere suddiviso in due componenti distinte e contrapposte: la gestione dei problemi e la gestione delle emozioni. La prima consiste nel cercare di liberarsi del problema; la seconda, nel cercare di liberarsi della sofferenza causata dal problema. Presumibilmente, le persone ricorrerebbero al coping basato sulla soluzione di problemi quando le situazioni difficili sono modificabili, ma in caso contrario si rivolgerebbero al coping di riduzione dello stress basato sulla rivalutazione cognitiva e lo spostamento dell’attenzione.
La famosa preghiera della serenità scritta nel XX secolo dal teologo protestante statunitense Reinhold Niebuhr parla proprio di questo: Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso cambiare e la saggezza necessaria per distinguere le une dalle altre...".
Nella realtà, il fronteggiamento efficace comprende sia la soluzione del problema che la gestione dello stress. Ciò accade perché la maggior parte delle situazioni difficili modificabili implicano un certo grado di stress. Così, per esempio, un alunno che affronta un esame scolastico deve tenere a freno l’ansia anticipatoria e controllare i pensieri intrusivi stressanti mentre risolve i problemi. A un torneo di tennis, i giocatori, mentre applicano le strategie di soluzione di problemi, devono sbarazzarsi dei pensieri disturbanti e delle reazioni di stress, specialmente se la partita non sta andando bene.
Per converso, sono poche le situazioni problematiche in cui non c’è assolutamente niente che le persone possano modificare. La vita non è monodimensionale. Anche i malati in fase terminale cercano di agire in modo da alleviare i loro problemi quotidiani e dare un senso al tempo che resta da vivere.
L’impatto emozionale aversivo di ciò che è incontrollabile si riduce agendo sugli aspetti della vita che possono essere controllati. La valutazione della situazione e delle risorse a disposizione per fronteggiare l’evento, condizione o situazione stressante, quindi, sono di primaria importanza per comprendere la qualità emotiva e l’intensità stessa dello stress negativo della persona. Le abilità di coping sono le abilità che un individuo mette in atto per fronteggiare una situazione di stress.