Distrazione nella lettura e lettura come distrazione

Giacomo Leopardi in un disegno di Tullio Pericoli


Ho appena ascoltato su YouTube una lezione della filosofa Alessandra Aloisi che mi ha aperto il cuore e che descrive ed esamina un fenomeno di cui ogni lettore può prendere coscienza: nella lettura non è possibile tracciare una distinzione netta tra momenti di concentrazione (sul "compito" della lettura) e momenti di distrazione. Gli uni e gli altri sono entrambi necessari all’esperienza della lettura, non sarebbero neppure immaginabili separatamente. 


Ed è così che la lettura di un libro resta indelebilmente associata al posto in cui è avvenuta e ai pensieri di quel momento. Ogni libro può essere letto più volte e sembrare nuovo ad ogni nuova lettura proprio perché il testo scritto si “impasta” (dico io) nella nostra mente con i pensieri e le esperienze “distraenti” che facciamo in quel momento - e qualcosa di simile, direi, succede nella visione di un film.


Ho apprezzato tanto la ricchezza di riferimenti ad autori che nel corso della storia hanno esaminato in profondità l’esperienza della lettura. La lettura è di per sé distrazione, una distrazione che ci estranea dalla società e dai nostri doveri e che nel Settecento e nell’Ottocento è stata giudicata pericolosa per la mente e per il corpo del giovane e della giovane.


Quello che mi ha proprio commosso, perché è proprio nelle mie corde, è l’invito finale, rivolto agli studiosi, a considerare la lettura come un’esperienza umana originale e profonda che non può essere appiattita su un modello di riferimento di tipo information processing, in base al quale nella lettura accumuliamo, filtriamo e selezioniamo informazioni. 


Non conoscevo questa autrice è subito ho cercato su Internet informazioni su di lei, per poter sentire ancora dalla sua voce. Leggerò presto le sue parole nel libro che ho appena ordinato, La potenza della distrazione, e che mi aspetto riprenda, sotto angolature diverse, parte dei concetti espressi in modo chiaro e coinvolgente nel video Storia della concentrazione e della distrazione (alla fine di questo post il relativo link)


Riporto due passaggi del video che questa mattina mi hanno colpito particolarmente. Verso l’inizio, Aloisi dice che Simone Kotva (Effort and grace. On the spiritual exercise of philosophy, Bloombury, 2020) ha mostrato come sia in realtà un tratto tipico del pensiero occidentale l'aver creato una separazione netta e inconciliabile tra attenzione e distrazione, tra attività e passività, tra sforzo e debolezza, tra dipendenza e indipendenza


“Ma è proprio osservando da vicino quello che avviene durante la  lettura”, osserva l’autrice, “che possiamo cominciare a mettere in discussione questa falsa opposizione. La lettura è in realtà una pratica, o potremmo anche dire un esercizio spirituale, che non potrebbe darsi senza una combinazione e  un'alternanza di attività e passività, di volontà e attesa, di tensione e  rilassamento, di sforzo e di ricettività. Anzi, come nota ad esempio Giacomo  Leopardi in un appunto dello Zibaldone, scritto nel 1821, se pensiamo la lettura unicamente come uno sforzo ci destiniamo necessariamente al fallimento”.


Se tu prendi a leggere un libro qualunque, il più facile ancora, o ad ascoltare un discorso il più chiaro del mondo, con un'attenzione eccessiva, e con una smodata contenzione di mente; non solo ti si rende difficile il facile, non solo ti maravigli tu stesso e ti sorprendi e ti duoli di una difficoltà non aspettata, non solo tu stenti assai più ad intendere, di quello che avresti fatto con minore attenzione, non solo tu capisci meno, ma se l'attenzione e il timore di non intendere o di lasciarsi sfuggire qualche cosa, è propriamente estremo, tu non intendi assolutamente nulla, come se tu non leggessi, e non ascoltassi, e come se la tua mente fosse del tutto intesa ad un altro affare: perocchè dal troppo viene il nulla, e il troppo attendere ad una cosa equivale effettivamente al non [2275] attenderci, e all'avere un'altra occupazione tutta diversa, cioè la stessa attenzione. Nè tu potrai ottenere il tuo fine se non rilascerai, ed allenterai la tua mente, ponendola in uno stato naturale e rimetterai, ed appianerai la tua cura d'intendere, la quale solo in tal caso sarà utile. (Giacomo Leopardi, Zibaldone di pensieri, 22. Dic. 1821. V. p. 2296).


A proposito della lettura come distrazione, tra le altre cose Aloisi ricorda che  “Marcel Proust in un famoso saggio sulla lettura definisce quest'ultima come la più elevata delle distrazioni perché ci consente di entrare in contatto con un'altra mente, di ricevere piena comunicazione di un altro pensiero pur continuando a sviluppare il nostro, secondo modalità e secondo percorsi di cui saremmo stati incapaci senza l'impulso di ciò che leggiamo. Proust ne deduce in questo testo che la lettura è una forma di comunicazione essenzialmente diversa  dalla conversazione dove gli  obblighi morali e sociali dell’amabilità e della deferenza ci spingono a  eliminare tutti i momenti di distrazione cioè sostituire al silenzio la parola  anche quando in realtà non c'è nulla da dire mentre la lettura è un'attività che  pur tenendoci occupati non toglie spazio alla reverie ma anzi la favorisce. La  conversazione schiaccia interamente la nostra attenzione sul presente facendoci sentire obbligo di colmare di parole tutti i vuoti  sonori”. 


Ecco il link al video: https://www.youtube.com/watch?v=Y7uugBDN3YM&t=2350s 


Buon ascolto!



www.gabrieleloiacono.it