Come ha notato la collega Barbara Lamedica, non di rado quando si assiste alla presentazione di un libro e poi lo si compra non ci si trova niente di più di ciò che era stato detto nella presentazione. In questo caso io ho trovato poco di più rispetto alla conferenza di 90 minuti circa di Alessandra Aloisi a cui ho assistito su YouTube. Un poco di più che comunque per me è prezioso.
Per la mia forma mentis ho patito la mancanza di un approccio analitico e, prima ancora, di una definizione univoca dell'oggetto del trattato, che non è la distrazione comunemente intesa, cioè la distrazione da qualcosa su cui invece vorremmo o dovremmo concentrarci, ma qualcosa di molto più indefinito. Senza la definizione di un oggetto, ho la sensazione di seguire un discorso desultorio e fatico a lasciarmi condurre dall'autrice ovunque mi voglia portare.
Ciò di cui parla Henri Poincaré a proposito del procedimento da lui utilizzato nella formulazione di teorie scientifiche non ha a che vedere con ciò di cui parla Pascal, che descrive un problema esistenziale. La distrazione del primo è una pausa dal lavoro che si rivela produttiva; ciò di cui parla il secondo quando parla di divertissement è praticamente qualunque attività umana, fatta eccezione, grossomodo, per la contemplazione della propria mortalità. Che nesso c’è tra questi due concetti?
Mentre in alcuni punti l'autrice fa dialogare tra loro gli autori di cui si occupa, citando e interpretando in modo molto interessante i brani in cui ognuno parla dei precedenti, non mi è chiaro perché abbia selezionato proprio quegli autori e ne abbia esclusi altri. Forse ha parlato degli autori che conosce meglio in quanto studiosa e docente di letteratura francese.
Ne emerge un’apologia della distrazione che trasmette fiducia in ciò che la nostra mente è in grado di fare quando lavora un po’ per conto suo, senza uno sforzo di concentrazione da parte nostra. In alcuni passi mi pare eccessiva, in quanto finisce per far recedere in secondo piano i meriti della concentrazione, dello studio, della razionalità e dell’impegno sistematico, meriti che alcuni degli autori da lei citati hanno tuttavia evidenziato (per esempio, Poincaré).
A tratti l'autrice sembra arrivare al paradosso di raccomandare la distrazione, ora inquadrata come una capacità, come qualcosa che dovremmo sforzarci di ottenere perché favorisce la produttività.
Ho apprezzato e ammirato la scrittura, varia, vivace, interessante. Sono contento di conoscere un po’ meglio il pensiero degli autori citati di cui il più delle volte sapevo poco e niente.
Mi ha commosso Pascal, di cui sono andato subito a leggere i Pensieri che riguardano il divertissement. Per la prima volta, nelle pagine in cui Aloisi fa parlare Pascal e lo fa dialogare con Leopardi, ho letto la descrizione di un esperienza che faccio sin da quand’ero adolescente e che ritrovo anche in alcuni dei miei pazienti. C’era qualcosa in me, una sorta di urgenza o di irrequietezza, che mi spingeva a cercare continuamente delle passioni (che Pascal chiama distrazioni) e tuttavia per decenni sono rimasto spiazzato per la rapidità con cui queste passioni a lungo cercate e faticosamente trovate perdevano la loro attrattiva e mi diventavano indifferenti se non persino noiose. Ero disperatamente alla ricerca della passione definitiva, a cui potessi rivolgermi sempre e in qualunque momento per riuscire a stare serenamente nel presente. E non l’ho mai trovata. Fino, però, a essermi messo il cuore in pace in due modi.
Il primo è che ho cambiato atteggiamento nella ricerca della passione, rendendola meno drammatica e assoluta. Ora sono consapevole che ciò che cerco non è alla mia portata. Ciò che cerco, per molti autori tra cui proprio Pascal, è una sorta di rapporto con Dio. Ciò nonostante - e nonostante il fatto che io questo rapporto non riesca a trovarlo - ho individuato da una ventina d’anni un gruppo di attività a cui posso rivolgermi a seconda dei momenti, alcune delle quali, come il nuoto, mantengono quasi sempre la promessa di riportare a una presenza mentale serena.
Ho trovato pace anche in un altro modo. Ho imparato a interessami con umiltà e semplicità a ciò di cui mi occupo nella quotidianità, secondo gli insegnamenti di alcuni autori buddisti le cui idee di fondo peraltro si trovano anche nella tradizione cristiana e al di fuori della religione. (Dall’unione di nuoto e presenza mentale è nato il mio libro Nuoto antistress. Come praticare la mindfulness in acqua).
Infine, tornando al libro La potenza della distrazione, come psicologo ho trovato irritante la mancanza totale di riferimenti alle acquisizioni della psicologia generale intorno ai fenomeni della memoria, dell'apprendimento e ovviamente dell’attenzione.