Un'analisi degli assunti filosofico-teoretici della REBT rispetto alla salute mentale e al Buddismo

Albert Ellis, inventore della REBT
https://albertellis.org/about-albert-ellis-phd/about-aei/


Riporto per la prima volta nel mio blog un articolo non originale. Si tratta di un lavoro di Terry B. London, Stephen Wilson, Amor Monjes, tradotto in italiano probabilmente da Cesare De Silvestris, il compianto psichiatra che ha portato in Italia la REBT (Rational Emotive Behaviour Therapy o Psicoterapia cognitivo-emotivo-comportamentale) di Albert Ellis. 


La mia formazione psicoterapeutica è cominciata sui lavori di Ellis e di De Silvestris. Con il secondo ho avuto uno scambio di email e telefonate, nel corso del quale mi ha regalato i suoi scritti e alcune sue traduzioni. Penso che questo articolo venga da lì. Lo riproduco perché ritengo che sia molto interessante, anche se non rispecchia del tutto le mie conoscenze e opinioni. Cesare De Silvestris approvava qualunque iniziativa di divulgazione della RET e credo quindi che avrebbe apprezzato anche questa.



PRIMA PARTE


Nella recente letteratura psicologica sono state pubblicate ripetute comparazioni fra alcune delle fondamentali premesse riguardanti la salute mentale sostenute dalla REBT di Albert Ellis e la filosofia di Siddhartha Gautama - nota come Buddismo. Quest’articolo intende sostenere la tesi che una delle più brillanti innovazioni di Albert Ellis, fra i tanti altri suoi contributi creativi, è stata quella di far proprie alcune delle più benefiche e psicologicamente produttive idee del Buddismo e renderle accessibili alle persone comuni che vivono nei nostri tempi perché le usassero ai fini della loro salute emotiva e del loro benessere. 


Allo scopo di sostenere questa tesi, prenderemo in esame due massimi lineamenti teorico-filosofici della questione: 


  1. L’ABC della REBT e le Quattro Nobili Verità del Buddismo - cioè, la Teoria REBT delle emozioni sane e di quelle patologiche; e 
  2. La teoria Buddista delle Emozioni Tossiche o Distruttive


Vorremmo innanzitutto presentare al lettore alcune considerazioni preliminari. La prima riguarda il fatto che due degli autori hanno avuto il privilegio di condurre lunghe interviste audio-visive con Albert Ellis nel periodo 1983-1998. Tali interviste contengono brani che trattano delle più importanti influenze filosofiche nel pensiero di Ellis – influenze che hanno guidato la sua crescita personale e la creazione della REBT.


Riportiamo la trascrizione letterale di alcuni passaggi delle interviste:


Verso la fine dell’adolescenza avevo letto quasi tutte le filosofie…ma il mio massimo interesse riguardava quelle filosofie che trattavano di come vivere nel modo più degno e come godersi la vita. Posso quindi dire che sono stato direttamente e indirettamente influenzato da un filosofo del primo secolo che si chiama Epitteto, e in una certa misura anche dal Buddha storico, Siddhartha Gautama ... Entrambi avevano avuto la brillante intuizione di come in genere gli esseri umani si creano e mantengono i loro disturbi e le loro sofferenze emotive ... Secondo me, tale punto di vista è stato più lucidamente espresso dai filosofi stoici … ma anche Gautama, il Buddha storico, ed i suoi seguaci lo avevano visto molto chiaramente.

 

In una recente corrispondenza (2004), Ellis elabora ulteriormente le sue reminiscenze di questa prospettiva storica:


La Rational Emotive Behaviour Therapy (REBT) è sempre stata piuttosto vicina ad alcuni dei lineamenti fondamentali del Buddismo Zen. Quando infatti, intorno al 1953, mi stavo allontanando dalla pratica psicoanalitica, mi misi ad esplorare meglio quelle che mi sembravano tecniche psicoterapeutiche più efficienti, ripresi a leggere molti filosofi antichi e moderni, e trovai particolarmente utili gli antichi greci e romani e gli antichi asiatici. Fu così che introdussi nella REBT molti elementi di saggezza tratti da Confucio, Lao-Tsu , e Gautama Buddha. 

Naturalmente mi rendevo conto che esistono diversi tipi di scuole e gruppi di Buddismo – ed anche diversi tipi di Buddisti Zen. In questa variegata prospettiva, pur adottando numerose teorie e pratiche del Buddismo, anch’io, come numerosi altri terapeuti, ho rivisto o modificato alcuni dei suoi insegnamenti.

Per fare un esempio, il Buddismo è una pratica attivo-direttiva che spinge le persone ad evitare di elaborare teorie sulle loro condizioni e fare invece qualcosa per cambiarle. Esso mostra agli aderenti che cosa fare e modella nuovi comportamenti. Usa tecniche di rilassamento e distrazione, e specialmente varie forme di meditazione. Dà per scontato che la vita umana sia una specie di “sofferenza”, e che risulta difficile per tutti noi – ma sostiene che possiamo accettare e far fronte alle sue traversie. Pone come obiettivo l’“illuminazione”, a differenza della cultura occidentale che pone invece come obiettivo il successo materiale. D’altra parte, il Buddismo è una dottrina molto pratica che mira al concreto. Nega importanza all’esaltazione dell’ego e agli atteggiamenti di superiorità spirituale rispetto agli altri esseri umani. Spiega che quando si trasformano desideri e preferenze in assoluti bisogni si diventa nevrotici, e al limite cerca talvolta d’incoraggiare gli adepti a raggiungere uno straordinario stato di assenza del desiderio. Sottolinea solo in parte l’importanza della realizzazione personale; ed infine impiega spiegazioni metaforiche della salute mentale e del suo contrario.” 


Ellis ha anche espresso alcune sue riserve per certi aspetti della meditazione Buddista se praticata in modo troppo estremo:


Le procedure di meditazione possono risultare molto utili perché riescono temporaneamente a tagliar fuori preoccupazioni e terribilizzazioni. Esse, però, rischiano facilmente di venir condotte sino ad estremi non produttivi e portare ad atteggiamenti di malsana passività, di depressione della creatività e della gioia di vivere. Ho visto numerosi pazienti che avevano meditato un’ora o due al giorno per parecchi anni ed erano ancora molto ansiosi. La REBT non usa quindi sistematicamente le tecniche Buddiste di meditazione e rilassamento. Io le uso talvolta in modo selettivo e non ne spingo alcune sino ai limiti estremi. La meditazione di qualsiasi tipo – e ne esistono molti – spesso funziona bene ma solitamente si tratta di tecniche di distrazione capaci di far pensare ad altro invece che alle cose che provocano depressione, ansia, eccetera.” 

 

Infine Ellis ha precisato come attualmente formula i suoi punti di vista critici riguardo la prospettiva filosofica generale del Buddismo a proposito dell’esistenza:


Tutto ciò mi ha portato a convenire che la posizione del Buddismo secondo cui “la vita è sofferenza” può esser vera – ma anche incline a venire esagerata. Ai tempi del Buddha, circa 2500 anni fa, la vita mancava di molte delle attuali comodità. Essa era, per esempio, priva dell’elettricità e degli antiparassitari, e quindi comportava, salvo rare eccezioni, maggiori disagi e minori agi. Cercare di diminuire le sofferenze aveva pertanto la precedenza rispetto a cercare di accrescere la gioia di vivere. In tali condizioni, metodi terapeutici limitati come la meditazione funzionavano spesso molto bene, Che cosa avevano ed hanno da perdere le miserabili popolazioni asiatiche (e non solo) con un’aspettativa di vita molto inferiore a quella attuale? ‘Una vita breve e meditativa’ poteva essere un ottimo slogan all’epoca del Buddha. Ma anche al giorno d’oggi?


Noi abbiamo sempre riscontrato come Albert Ellis sia impeccabilmente diretto e sincero nel riconoscere chi o che cosa abbia influenzato il suo pensiero e il suo sviluppo. Le citazioni appena riportate sembrano convalidare tale impressione, e dimostrano contemporaneamente come nella creazione della REBT Ellis abbia riformulato alcune delle più importanti idee avanzate dai ‘filosofi della gioia di vivere e della vita degna di esser vissuta’. Altrettanto vero, però, è che la REBT rappresenta una forma di psicoterapia e di educazione basata su fondamenti scientifici che consiglia di essere auto-diretti e di sviluppare un sano senso di scetticismo e di apertura mentale. Il Buddha storico non s’interessava di teologia e cosmologia. Anzi, rifiutava di rispondere su questi argomenti. La sua massima attenzione era dedicata alle questioni psicologiche e pratiche. 


  1. Come possiamo vedere il mondo così come si realizza momento per momento, invece di come pensiamo, speriamo o temiamo che sia? 
  2. Come possiamo fondare sulla realtà le nostre azioni, piuttosto che su le aspirazioni e avversioni della nostra mente? 
  3. Come possiamo vivere una vita che sia saggia, compassionevole ed in armonia con la realtà? 


Esistono domande relative alla nostra vita che siano più pratiche, semplici, e palesemente fondamentali di queste? (Hagen, 2003).


Poiché la REBT è un modo psico-educativo di affrontare la salute emotiva, e non una dogmatica concezione del mondo, essa è più simile alla tradizione del Buddismo piuttosto che a quella delle religioni giudeo-cristiane che invece tendono a sottolineare l’importanza dei rituali sociali e della appartenenza alle istituzioni clericali. I Buddisti non sono infatti necessariamente tenuti a frequentare i templi locali né ad imparare un certo “dogma” per divenire un “buon” Buddista. Ecco perché il Buddha consigliava di non seguire ciecamente le tradizioni, i notiziari, le voci, le opinioni, le speculazioni, e nemmeno l’autorità dei testi dottrinali, ma piuttosto cercare di vedere e capire da soli quale fosse il vero (Hagen, 2003). 



L’ABC della REBT e la Quattro Nobili Verità del Buddismo


Indipendentemente dalla scuola di Buddismo seguita, tutti i praticanti della filosofia Buddista vengono educati in quelle che Siddhartha Gautama proponeva come le Quattro Nobili Verità (Armstrong, 2001). 


1. La vita è sofferenza. Quest’affermazione è perfettamente in linea con il punto di vista di Ellis a proposito di ciò che lui chiama La Realtà delle Avversità (Ellis, 1994). Il processo costruttivo della realtà è affatto indifferente alle nostre personali esigenze, desideri e preferenze. Esso non è a favore o contro l’interesse di chiunque. Gli eventi realizzano semplicemente le premesse necessarie alla loro esistenza. Punto e basta. 


2. L’origine della sofferenza è il desiderio e la concomitante bramosia. Su questo punto Ellis, a nostro avviso, ha introdotto una grande innovazione, chiarificando con esattezza il significato implicito della seconda nobile verità. Il Buddha storico aveva in parte ragione sulle cause della sofferenza e dei disturbi emotivi. Egli però amalgamava nello stesso concetto tanto il desiderio quanto ciò che Ellis chiama “musturbation” (“doverizzazione”, da “must”=dovere). Ellis, invece, distingue chiaramente che la causa maggiore, non la sola, del disturbo emotivo/sofferenza si attiva quando l’individuo trasforma la qualità del suo desiderio in una dogmatica pretesa, esigenza, urgenza imperativa, ed assoluta necessità. Quindi egli, a differenza del Buddismo, non crede che si debba cercare di rinunciare ai sani desideri, ma sostiene piuttosto che convenga sforzarsi ad evitare di cambiare o trasformare i propri desideri in malsani e distruttivi bisogni obbligatori (Ellis, 2003). Secondo noi, questo rappresenta un’importantissima delucidazione della seconda nobile verità – il che permette ad un enormemente maggior numero di persone come capirla assai meglio ed eventualmente usare tale conoscenza a vantaggio della loro salute mentale e del loro benessere. 


3. Focalizzazione mentale e Consapevolezza. A proposito di questa terza nobile verità, tanto Ellis che i Buddisti sostengono che la frequenza, intensità e durata della sofferenza può esser drasticamente ridotta se si fa lo sforzo di cambiare le proprie specifiche convinzioni irrazionali in convinzioni più razionali sugli eventi avversi. La tecnica usata dai Buddisti per gestire la sofferenza si articola in una procedura a due stadi chiamati meditazione e compassione. La REBT non assegna necessariamente ai pazienti il compito di imparare come eseguire la meditazione con controllo del respiro e focalizzazione esclusiva dell’attenzione. Essa tuttavia riconosce che queste modalità d’intervento possono dimostrarsi assai utili per aiutare un individuo a rilassarsi fisicamente e quindi a divenire più capace ad accogliere e comprendere nuove conoscenze ed acquisizioni. Il secondo stadio, che il Buddismo chiama “compassione”, consiste nell’immaginare un evento negativo – come, per esempio, non riuscire a smettere di fumare dopo aver inutilmente frequentato corsi e cliniche a tale fine; oppure aver perso il lavoro a causa di una ristrutturazione aziendale. Una volta immaginato l’evento, il Buddista si adopera per trasformarlo nel suo “antidoto”. Nella pratica comune l’antidoto può limitarsi semplicemente ad una distrazione dell’immagine o del pensiero (meditazione) per distogliere la mente dal concentrarsi sull’evento negativo. Oppure rammentare parabole di come il Buddha storico affrontasse le avversità per dimostrare i principi della focalizzazione mentale e di come eliminare la “ignoranza” del piacere a breve termine dell’ira o dell’auto-commiserazione. Infine l’individuo cerca di sviluppare una sintonica comprensione e compassione verso se stesso quando sbaglia o si comporta male, e verso gli altri quando le loro azioni gli fanno torto o gli procurano difficili condizioni di vita. C’è da notare come il Buddismo veda chiaramente che A (l’evento attivante) non provoca direttamente il C (che qui possiamo definire conflitto emotivo), ma è piuttosto il B (convinzioni o filosofia di vita – insomma il punto di vista da cui si considera l’A) che in massima misura e direttamente provoca la sofferenza e l’angoscia. Tuttavia, poiché manca una chiara e pratica teoria delle convinzioni irrazionali e di come discuterle, riteniamo che la modalità per arrivare all “antidoto” non sia abbastanza precisata in una procedura passo-per-passo come invece avviene nell’ABC della REBT. 

 

4. Dharma: Pratica e Ripetizione. Tanto il Buddismo quanto la REBT si rendono chiaramente conto che la “focalizzazione mentale” e il “pensiero razionale” non sono scopi in se stessi né punti di arrivo da raggiungere e mantenere per sempre. Noi domandiamo spesso ai nostri studenti “Qual è la definizione di un Budda?” La risposta è qualcuno che abbia raggiunto la piena “consapevolezza” o che sia completamente “consapevole”. Allora noi volgiamo lo sguardo in giro nella stanza e domandiamo “Piena consapevolezza e completamente consapevole di che cosa?” La risposta è che per loro natura, gli esseri umani sono animali che usano simboli e logica e che loro emozioni ed i loro comportamenti sono in larga misura il risultato dei loro punti di vista filosofici, delle loro valutazioni e giudizi. Come scrive Alfred Korzybski nel suo Science and Sanity (1933), “La mappa non è il territorio e il territorio non è la mappa”. Per analogia, questa citazione intende dire che quando un individuo inverte l’ordine naturale delle astrazioni e confonde il linguaggio con ciò che sta accadendo nel mondo, si renderà “insano” e crederà che l’evento di per sé causi direttamente i suoi conflitti emotivi e la sua sofferenza.


Chi pratica la REBT chiamerà quindi la “individuazione e discussione delle ideologie musterbatorie” allo scopo di ridurre frequenza, intensità e durata delle malsane emozioni negative, e l’accettazione incondizionata di se stesso nonostante continui a generare tali ideologie, ciò che il Buddismo chiama “Dharma”. In entrambi i casi, sia la “discussione” della REBT, sia il Dharma del Buddismo rappresentano quindi un processo permanente e senza fine di lavoro ed elaborazione pratica del proprio dialogo interno verso una sempre maggiore consapevolezza - senza confondere concetti e costrutti con quanto sia attualmente la situazione esterna. Il che non è facile, ma entrambi questi sistemi psico-educativi della REBT e del Buddismo lo raccomandano caldamente per la nostra salute mentale e il nostro benessere. 



SECONDA PARTE


Noi riteniamo che la REBT sia l'unica forma occidentale di psicoterapia e di educazione alla salute mentale che abbia una formale teoria delle emozioni negative "sane" e di quelle invece "non sane" (Ellis, 2003). Gli esempi seguenti rappresentano chiare e concrete illustrazioni dalla differenza fra sane emozioni negative ed emozioni negative invece non sane di fronte alle avversità della vita. 


1. Quando un individuo fallisce o non riesce bene in qualcosa d'importante per lui, può scegliere di abbandonarsi ad emozioni negative non sane come l'odio verso se stesso, la depressione o la vergogna, l'umiliazione e la mortificazione. Oppure potrebbe accettare se stesso incondizionatamente e giudicare soltanto la sua prestazione inadeguata, procurandosi così sane emozioni negative come rammarico, dispiacere e delusione per non aver avuto successo questa volta. Il che aumenterebbe la probabilità d'imparare costruttivamente dai suoi errori. E poiché accetterebbe incondizionatamente se stesso, sarebbe più disposto a provare ancora a realizzare la sua aspirazione o raggiungere il suo obiettivo. 


2. Quando un individuo viene trattato ingiustamente o iniquamente, può scegliere emozioni negative non sane come la collera o l'ira, il rancore e la vendetta, che lo porterebbero a comportamenti ostili o aggressivi e che con tutta probabilità aumenterebbero il livello del conflitto interpersonale. Ma due torti non fanno una ragione. D'altra parte, però, l'individuo potrebbe invece scegliere delle emozioni negative sane come il fastidio e l'irritazione, l'attenzione e l'interesse verso il torto subito - il che porterebbe a comportamenti assertivi per raddrizzarlo ma non a cercare punizioni o vendette. 


Il concetto di salute mentale usato dalla REBT offre i seguenti vantaggi:


1. Propone all'individuo un modo di definire e descrivere con precisione quale emozione sta provando. Se si tratta di un'emozione negativa non sana, l'individuo può scegliere di tenersela oppure di sostituirla con una più sana. 


2. Dimostra chiaramente come Albert Ellis e la REBT non vogliono che l'individuo divenga emotivamente "calmo e distaccato", ma piuttosto che lavori a procurarsi una sana gestione emotiva per aumentare le probabilità di risolvere, se possibile, in modo realistico e creativo le avversità della vita. 


3. Dopo che l'individuo ha individuato e definito la sua emozione negativa non sana, la teoria gli offre una struttura per aiutarlo a cercare (Detect) nel suo sistema cognitivo da dove cominciare il "D" o Disputing delle sue idee irrazionali. 


In un libro di recente pubblicazione, Destructive Emotions: How Can We Overcome Them? A Scientific Dialogue with the Dalai Lama (Coleman, 2003) il capo del Buddismo Tibetano esprimeva un punto di vista molto simile a proposito di ciò che il Buddismo chiama "emozioni tossiche o distruttive":


"...Quando diciamo che un'emozione è negativa, non è che vogliamo ripudiarla, ma la definiamo così nel senso che procura minore felicità, minore benessere, minore lucidità e libertà, e maggiore falsità."


Ancora una volta c'è da notare la grande somiglianza fra REBT e Buddismo riguardo questo aspetto della salute mentale. Entrambi i sistemi di psicoeducazione vogliono infatti che l'individuo discrimini fra emozioni negative sane ed emozioni negative non sane che procurano inutili e maggiori sofferenze psicologiche ed emotive e rendono più difficile affrontare le avversità della vita. 



Albert Ellis è il Siddhartha Gautama reincarnato?


Con la lingua saldamente tenuta a freno, la nostra risposta è un netto "No" - però non si può mai dire!


In ogni caso, speriamo di aver chiaramente riportato come Albert Ellis abbia sempre onestamente riconosciuto che la REBT non è il Buddismo e quali giganti del pensiero filosofico lo abbiano influenzato. Lo straordinario merito di Ellis in questo campo è stato di accogliere alcune delle più importanti idee del Buddismo riguardo alla salute mentale e di metterle nelle più concrete forme e strategie della REBT in modo da rendere alcuni aspetti di questa filosofia orientale di sollievo dalla sofferenza più accessibili alle persone comuni che vivono nei nostri tempi moderni. Ovvero, come direbbe Steve Wilson, "Probabilmente Albert Ellis è uno dei pochi psicologi occidentali che potrebbero insegnare a un 'Budda anericano' come divenire un 'Budda razionale' molto migliore". 




BIBLIOGRAFIA


Armstrong, R. (2001). Buddha. New York: Penguin Book

Ellis, A. (1994). Reason and Emotion in Psychotherapy. New York: Carol Publishing

Ellis, A. (2003). Ask Albert Ellis. Atascadero, CA: Impact Publishers

Coleman, D. (2003). Destructive emotions: How can we overcome them? New York: Bantam Books

Hagen, S. (2003). Buddhism is not what you think. San Francisco, CA: Harper Publishers

Korzybski, A. (1933-1991). Scienze and Sanity. Concord, CA: International Society for General Semantics